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Il pesce e il vino di Sicilia per vivere più a lungo e in qualità

Dieta Mediterranea. La scienza ringrazia la Sicilia per i suoi prodotti di pregio che ci consentono di vivere più a lungo e in qualità”.
Lo ha detto il nutrizionista Giorgio Calabrese che ha inaugurato lo stand del Dipartimento regionale della pesca e dell’Istituto regionale della vite e del vino a Slow Fish 2009, la fiera internazionale del pesce in corso a Genova da oggi e sino al 20 aprile.
“La Sicilia – ha aggiunto Calabrese – ha dei prodotti, come il pesce e il vino, che gastronomicamente prevengono le malattie del cuore e della circolazione.
La Sicilia ha il più grande vino del mondo poiché nasce da un vitigno autoctono, come il nero d’avola, che ha la capacità di dare naturalmente una concentrazione di resveratrolo , stilbeni, fitoalexine e polifenoli, in particolare antociani.
Tutti insieme costituiscono una squadra che fanno del vino siciliano un prodotto di eccellenza”. E sul pesce ha aggiunto: “Anche in Sicilia viene consumato non più di due volte alla settimana. Bisognerebbe mangiare pesce dalle quattro alle sei volte senza per questo criminalizzare la carne”.br> Alla quarta edizione di Slow Fish è presente quest’anno per la prima volta l’Istituto regionale della vite e del vino. Oltre trenta le aziende vitivinicole rappresentate con più di ottanta etichette. “Qui a Genova – ha detto il presidente Leonardo Agueci – presentiamo l’eccellenza della produzione vitivinicola siciliana per raccontare al mondo le potenzialità che ha la Sicilia nel campo dell’agroalimentare. Vogliamo sfatare un luogo comune – ha aggiunto il presidente dell’Istituto regionale della vite e del vino -, quello che la Sicilia è terra di vini corposi. In realtà ci sono rossi leggeri e fruttati che ben si abbinano sulla nostra tavola al pesce”.
Di forte interesse nei confronti del comparto della pesca ha parlato l’assessore regionale alla Cooperazione, artigianato e pesca, Roberto Di Mauro. “Le misure del Fep, il Fondo europeo per la pesca, per un importo di 157 milioni di euro, sono destinati all’ammodernamento dei sistemi di pesca, ai processi di trasformazione e i commercializzazione del pescato così come ai quei progetti pilota che intendono promuovere la qualità, la rintracciabilità e la riduzione della filiera”.
Dalla provincia di Trapani viene promossa l’iniziativa ‘Miglio zero’ che, per abbattere i costi di trasporto, promuove l’utilizzo e il consumo nel territorio di appartenenza dei prodotti ittici e agroalimentari Un progetto finanziato con fondi comunitari Por per un importo di 500 mila euro. “Vogliamo promuovere una nuova filosofia del consumo – spiega Nicolò Maria Lisma, assessore della Provincia di Trapani alla Pesca e alle Politiche del mare-. “Vogliamo incentivare l’utilizzo del prodotto ittico della nostra zona, accompagnato da prodotti agroalimentari tipici quali l’aglio, i capperi di Pantelleria, la Vastedda del Belice, l’olio di Castelvetrano, il sale di Trapani”. E la Provincia regionale di Trapani ha offerto il pranzo preparato dallo chef Peppe Giuffrè a base di pesce e specialità gastronomiche della zona occidentale della Sicilia. Primo piatto, la crema di piselli primizie con polpi croccanti e crostini di pane nero di Castelvetrano; a seguire couscous alla trapanese, spigole delle saline con panura di pistacchi, patate al nero d’Avola, uvetta e moliica aromatica, cassata siciliana con frutta candita. Lo stand riservato ai prodotti siciliani occupa un’area di 192 metri quadrati al secondo piano del padiglione B. Nell’area riservata alle ‘Osterie del mare’ i visitatori possono gustare anche i piatti tipici delle località marinare dell’Isola insieme ai ‘cibi di strada’ quali gli arancini.
Fra i presidi di Slow Food presenti alla manifestazione anche quattro Presidi siciliani: la mascolina da mugghia del golfo di Catania, il sale marino artigianale di Trapani, il cappero di Salina e l’aglio rosso di Nubia.

Sapore di mare per la trota siciliana

La trota. E’ in arrivo la trota salmastra di Sicilia. Si tratta della Macrostigma, una specie autoctona che verrà allevata in acque salmastre al fine di rispondere, sotto il profilo organolettico, alle aspettative dei consumatori siciliani, abituati al pesce di mare, con carni più compatte e sapide di quello delle acque interne.
Una prima parte del progetto è già stata realizzata sulla più comune trota iridea. “Grazie all’opportunità offerta da un’azienda del Ragusano, la Salvamar di Pozzallo, che alleva trote in acque salmastre, si sta saggiando il finissaggio di soggetti della Oncorhyncus mikiss in acque a salinità crescente, con concentrazioni oltre i 6 mS/cm”, spiega Alfonso Milano, dirigente dell’Assessorato Agricoltura, che sta seguendo il progetto.
Si ottiene così un prodotto qualitativamente superiore alla comune trota d’acqua dolce. “Il pesce è stato ingrassato, o per meglio dire finissato, per circa tre mesi – continua Milano – e poi trasformato da una azienda di affumicatura del pesce. Il trasformato affumicato di pesce che si ottiene è un prodotto ad elevato valore aggiunto, dalle superiori caratteristiche organolettiche e nutrizionali, caratterizzato da carni più compatte e perfettamente integre sotto il profilo sanitario a causa dell’alta concentrazione salina delle acque di ingrasso. Un nuovo prodotto da proporre sul mercato come “Trota di Sicilia”.
Attualmente si è già arrivati al terzo lotto in prova – precisa il dirigente – saggiando soggetti di pezzatura, via via crescente, più richiesti dal mercato e dall’industria di trasformazione.

FONTE: Terrà – Multimediale dell’Agricoltura – Annalisa Ricciardi

L’antico Mondo della pesca del pescespada

“…chissa è nà storia d’un pisci spada storia d’amuri…te pigghiara la fimminedda drittu drittu intra lu cori…e la varca la strascinava…e lu sangu mi curria e lu masculu chiancia…e lu masculu parria ‘mpazzutu…rispunnia la fimminedda cu nu filo e filu è vuci scappa, scappa ammuri miu cà si no t’accitunu…”

Pescespada

Quelle sopra sono le parole celebri della canzone U Pisci Spada di Domenico Modugno, ovvero il pianto più amaro, lo strazio del cuore nel distacco atroce, che dipinge l’antica pratica di pesca del pesce spada diffusa in particolare nello stretto di Messina, tra i venti di Sicilia e i vortici di Cariddi.
La tranquilla attesa dell’equipaggio è rotta all’improvviso dall’avvistamento dell’animale, che ignaro del suo fatale destino, nuota pigramente cullando il suo sogno d’amore.
Inseguito dall’imbarcazione e, non appena sotto tiro, dalla passarella della feluca, il lanzaturi (lanciatore) lancia l’arpione nella speranza che il mortale attrezzo penetri nella preda, rinnovando un rito millenario che gli antichi pescatori messinesi salutavano con una formula magica. La tradizione sta per rinnovarsi: la stagione della pesca inizia a primavera inoltrata.
Dal mese di aprile, fino ai primi giorni di giugno, il pesce spada arriva nello stretto di Messina, costeggiando la Calabria tirrenica meridionale, dove le acque si scaldano prima che altrove.
Dopo il periodo di riproduzione, tra giugno e luglio, torna verso nord, lungo la costa messinese. Non a caso la caccia inizia da metà aprile fino a giugno sulla costa calabra e da luglio a settembre sulla sponda siciliana.
In questi mesi dal mare si sentono arrivare le voci dei pescatori: “Va iusu, tuttu paru camora. Va susu, voca fora, voce ‘nterra!” (verso sopra, sempre dritto per adesso. Verso sopra, rema verso il mare aperto, rema verso terra!) che a bordo delle loro feluche inseguono il prelibato animale, piccola fonte di ricchezza dell’economia locale.
Un progetto chiamato Spaday, a cura della Provincia Regionale di Messina e della Regione Siciliana ha inteso attirare l’attenzione sul mondo marinaro in profonda trasformazione, e sul settore della pesca che contribuisce per circa l’1% al PIL dell’Europa allargata. Inoltre, secondo i dati Istat 2005, la Sicilia detiene il 21% della produzione nazionale con 56.231 tonnellate su un totale di 268.368. Per sottoporre ai riflettori dei media, degli addetti ai lavori e del mondo politico l’importanza di una tradizione da tutelare e rilanciare, andando incontro alle crescenti problematiche degli ultimi pescatori di pescespada di Ganzirri e di Capo Peloro, dallo scorso mese di gennaio è attiva l’associazione Pescatori sullo Stretto, con già 40 aderenti, che unisce idealmente Sicilia e Cariddi con l’obiettivo di far fronte al futuro ed alle molte problematiche legate alla vita in mare.

Mondello Fish Day

Giorno 27 ottobre a Mondello: “Fish Day”, giornata dedicata al pesce azzurro. L’evento è stato promosso dall’Assessorato Cooperazione, Commercio, Artigianato e Pesca – Dipartimento Pesca nell’ambito dell’iniziativa “Pescato di Sicilia” promuove degustazioni e intrattenimento per riscoprire le qualità organolettiche.
A partire dalle 13:00, nella piazza di Mondello sono state previste degustazioni gratuite dei migliori piatti della tradizione a base di “pescato povero” siciliano, preparati da chef palermitani.
Il tutto accompagnato da vini siciliani. Sono anche state distribuite cartoline con alcune ricette di piatti a base di pesce azzurro, per incentivare la diffusione e la conoscenza di questo tipo di pesce, che oltre ad avere un costo contenuto, vanta anche qualità organolettiche adatte a una dieta salutare, grazie ai loro grassi, ricchi di acidi grassi polinsaturi, soprattutto della serie omega-3, alcuni dei quali sono capaci di abbassare sia i grassi sia il colesterolo nel sangue.
Presenti anche degli operatori della pescaturismo, per promuovere la conoscenza di questa forma alternativa di turismo che valorizza il patrimonio di tradizioni e conoscenze del nostro comparto ittico.

La Sicilia punta sulla qualità

Sono già due i presidi di Slow Food per il pescato siciliano ma già altri prodotti sono in sala di attesa. Su 9 presidi Slow Food del Mediterraneo ben 2 sono siciliani. Accanto alla “Masculina da magghia” (acciughe, pescate con rete da imbrocco nel Golfo di Catania da piccole imbarcazioni di pescatori) e al “Sale marino artigianale” di Trapani, che già si sono conquistati il riconoscimento, è in pool position per diventare presidio di Slow Food la “Comunità della sarda di Selinunte”, una qualità che viene pescata sottocosta ed è particolarmente adatta per essere arrostita, ma anche la “Bottarga di Favignana”.

E’ con questi prodotti teste di serie ed altri ancora che il dipartimento Pesca dell’assessorato Regionale alla Cooperazione, ha partecipato, per la prima volta, con un proprio stand allo Slow Fish di Genova con il coinvolgimento di diverse imprese di settore.

Una partecipazione quella della Regione con un proprio stand che ha registrato un notevole numero di visitatori e grande interesse da parte degli operatori verso i prodotti della pesca siciliana.

“La Sicilia, – sottolinea l’assessore alla Cooperazione, Artigianato, Commercio e Pesca della Regione Sicilia, Antonino Bennati, – è oggi la prima marineria d’Italia e quindi ritengo doveva essere necessariamente presente ad un appuntamento quale è lo Slow Fish.

L’obiettivo di questa manifestazione non è solo quello di diffondere una gastronomia del pesce corretta e funzionale alla tutela delle risorse ittiche; ma si vuole anche parlare agli addetti ai lavori del settore, che di tali risorse sono i gestori e custodi”.

Una partecipazione, quella al salone all’educazione alimentare al consumo di pesce e alla salvaguardia della biodiversità, che la Regione Siciliana, fa a pieno titolo visto che ben il 50% di tutta la flotta peschereccia dell’isola ricade nel segmento produttivo artigianale. E ciò, nonostante il peso che la flotta siciliana rappresenta nel contesto nazionale: ben il 23% dei battelli operanti in Italia e il 33% del tonnellaggio impiegato nell’attività di pesca. A fronte di 15.627 battelli italiani e dei 9.487 delle regioni obiettivo 1, la Sicilia ne ha ben 3.733.

Inoltre, la Sicilia nella distribuzione dei battelli per i sistemi di pesca, può contare su un rapporto ancora favorevole ai sistemi artigianali: 549 unità vengono impiegate per lo strascino (lo sfruttamento intensivo delle risorse ittiche dei mari), 78 pelagici, 121 per il tonno, 1.013 polivalenti e ben 1.972 di piccola pesca.

Numerose sono, infatti, le marinerie siciliane che mostrano un elevato livello di dipendenza sociale ed economica dall’attività svolta dalla piccola pesca. Buona parte della piccola pesca opera con attrezzi fissi (reti da posta, palangresi di fondo, nasse) su fondali non strascicabili. Di rilievo in Sicilia anche la flotta “palangriera” per tonno, pesce spada e ala lunga che costituisce il polo produttivo settoriale di maggiore importanza a livello nazionale.

La quasi totalità della pesca è concentrata nei due compartimenti marittimi di Trapani e Catania. Ma l’uso sostenibile delle risorse ittiche passa anche attraverso l’acquacoltura.

E quella siciliana, nell’ambito del sistema nazionale, rappresenta un importante polo produttivo sin da quando nei secoli scorsi, le saline del trapanese venivano utilizzate per l’allevamento di specie marine pregiate. Attualmente in Sicilia i più importanti impianti di specie eurialine sono in provincia di Siracusa, Agrigento e Palermo.

In tutto si contano 3 impianti a terra e 10 impianti in gabbia. Sul versante dell’industria di trasformazione è la provincia di Agrigento ad avere, con 30 unità produttive, il primato sul centinaio di imprese presenti nell’isola. Una forte concentrazione, una cinquantina di imprese, si trovano distribuite nelle province di Palermo e Trapani.

In quest’ultima provincia si lavora prevalentemente il tonno e i gamberi mentre a Palermo e Agrigento il pesce azzurro (acciughe, sarde,sgombri). “La Regione partecipa per la prima volta a questa importante vetrina del mondo della pesca e”, afferma il direttore generale del dipartimento Pesca della Regione Siciliana, Ignazio Marinese, “abbiamo registrato un notevole successo sia di pubblico che per i tanti giornalisti e gli operatori del settore che hanno visitato il nostro stand.

Pensiamo già alla prossima edizione allargando la partecipazione ad altri settori della pesca come l’ittiturismo e il pescaturismo”.

Quotidiano di Sicilia

Martedì 8 Maggio 2007

Sicily Fish 2006

Sedici stand per sedici aziende della filiera siciliana del pesce; dieci chef selezionati dalla Federazione italiana cuochi. Buyers della grande distribuzione organizzata. E poi recital di poesia e prime musicali, mostre di coralli e di gioielli, dibattiti ed esposizioni.

Sono, in sintesi, i numeri della prima edizione di “Sicily Fish”, la rassegna nazionale dedicata alla cultura e all’economia del pesce siciliano, che si svolgerà nel Kempinski Hotel Giardino di Costanza di Mazara del Vallo (Trapani), dal 10 al 12 novembre.

Alla manifestazione prenderanno parte, nel pomeriggio di venerdì, anche il governatore Totò Cuffaro, l’assessore regionale Antonino Beninati (Pesca), Nuccio Cusumano, presidente della commissione Pesca del Senato, il presidente di Confindustria Sicilia Ivanohe Lo Bello, vertici istituzionali come Umberto Vattani (Ice) e di network nazionali della distribuzione commerciale, del calibro di Coop, Conad, Eismann ed Esselunga.

Ad aprire i lavori, i rappresentanti degli enti locali della provincia: il presidente Antonino D’Alì, il sindaco di Mazara Giorgio Macaddino e il presidente della Camera di commercio Giuseppe Pace. È prevista pure una serata (venerdì 10 alle 21) nel Teatro Rivoli di Mazara.

Intitolata “Miracoli del mercato del pesce”, ruoterà attorno ai testi di Evelina Schatz. Si aprirà con sei “subsongs” per due pianoforti, di Giovanni Sollima. A firmare le musiche, Andrea Talmelli; di Francesco Cucci le scene.

Promossa grazie ai fondi del Por 2000-2006 dal Consorzio Agrobelice, che associa una quindicina di imprese trapanesi del turismo e dell’agroalimentare, Sicily Fish è organizzata da Mediterranea spa, la società proprietaria del cinque stelle lusso di Mazara.

Si avvale del supporto del distretto produttivo della pesca (Cosvap) che ha sede nella cittadina marinara. Vi fanno capo 46 tra enti e associazioni e 130 aziende della filiera ittica dell’Isola, con 2.120 addetti e un giro d’affari di 260 milioni.

I sapori del mare

Un itinerario alla riscoperta della gastronomia “ittica” del mezzogiorno: è quanto offre il catalogo “Le tradizioni del mare – Storia, tecniche di lavorazione e cultura gastronomica dei prodotti tradizionali ittici delle regioni meridionali italiane”, realizzato dal Consorzio Cisa con il coordinamento del Consorzio Mediterraneo di Lega Pesca e distribuito su iniziativa dell’Associazione di categoria.

Insieme ai consigli per mettersi ai fornelli, il catalogo elenca tutti i prodotti tradizionali ittici, ampliando così la lista del Decreto Mipaf del 22 luglio 2004.

«Nel nuovo scenario della competizione globale, i pescatori non possono che contare sulla qualità – afferma il presidente della Lega Pesca Ettore Ianì – e sul forte legame con il territorio, per farne punti di forza non solo nei confronti dei consumatori, ma anche,di un turismo enogastronomico in crescita».

Centonove 15 aprile 2005

PIU’ POLPI PER TUTTI

Più polpi sulle tavole degli italiani.

E’ questo l’obiettivo di una ricerca condotta dal Centro italiano ricerche e studi per la pesca della Federcoopesca (Cirspe) che ha dimostrato la possibilità di incrementare la popolazione di questa specie ittica in mare attraverso una serie di azioni ad hoc, come la costruzione di tane in coccio e in plastica per la deposizione delle uova e il mantenimento in cattività delle femmine per tutto il periodo di ‘gestazione’.

”Il nostro studio – spiega Massimo Guerrieri, presidente del Cirspe – vuole verificare la possibilità di incrementare in ambiente naturale il successo riproduttivo basandosi principalmente sulla peculiarità riproduttiva di questa specie, che ricopre un’importantissima nicchia nell’ambito del mercato ittico”.

La domanda di polpo e’ infatti ”costante” durante l’anno ma ”si scontra con la sua disponibilità in natura”, causando ”un’intensa fluttuazione dei prezzi”, prosegue Guerrieri.

Ragion per cui, ”diventa importantissimo ottenere una produzione che permetta di sopperire a queste fluttuazioni”. Ed una soluzione potrebbe essere proprio il cosiddetto ripopolamento attivo, unito ad alcune tecniche di allevamento.

Da parte loro, i polpi, e in particolare le femmine, hanno reagito bene alla sperimentazione, occupando il 4% delle tane che sono state disseminate lungo la costa dell’Argentario.

Un risultato notevole, spiegano i ricercatori, dal momento che il polpo e’ una specie molto stanziale e che dunque cambia abitudine con qualche difficoltà, ma soprattutto perché la schiusa in laboratorio di una sola larva ha dato vita a ben 200 mila individui.

Pesce povero?

Il bacino del Mediterraneo offre ai buongustai una allettante scelta tra un buon numero di molluschi e crostacei e oltre 500 specie di pesci.

Un patrimonio ittico di tutto rispetto che però viene utilizzato solo in minima parte poiché, alla fine, sulla nostra tavola arrivano sì e no una cinquantina di questi pesci.

E gli altri? Ributtati a mare perché non hanno mercato e ai pescatori non conviene perdere nemmeno un po’ del loro tempo a suddividerli per tipologia, circa un 20% del pescato (circa 150-200 tonnellate per anno) che va a nutrire gli altri pesci.

La scelta del consumatore è infatti orientata verso prodotti “semplici” perché molto spesso non sa come preparare e cucinare gli altri e non ha il tempo per imparare a trattare pesci con i quali non ha molta dimestichezza.

Così branzini, orate, sogliole, pescatrici, dentici e altri pesci “alla moda” hanno monopolizzato e standardizzato il nostro menu, a casa e al ristorante, a scapito di pesce azzurro e di altre specie cosiddette povere ma ugualmente saporite, che hanno lo stesso valore alimentare e sono addirittura più economiche.

E i ristoratori assecondano questa scelta, proponendo ai loro clienti solo pesci, e sapori, ai quali sono abituati.

In questo contesto si è poi inserito, livellando ulteriormente le proposte, il pesce di allevamento, molto pratico e meno dispendioso sia come prezzo di partenza sia perché si possono avere esemplari da una o due porzioni, senza sprechi.

Tuttavia il consumatore è in fondo interessato a scoprire nuovi sapori e un ridimensionamento dei prezzi dei prodotti ittici sarebbe sicuramente molto apprezzato.

Non resta dunque che imparare a conoscere questi pesci “poveri”, con l’aiuto anche dei ristoratori e degli operatori, i primi proponendo menù meno standardizzati e gli altri portando sul mercato le specie meno conosciute e fornendo allo stesso tempo al consumatore i consigli pratici per la loro preparazione.

Articolo apparso sul n.166 di La Madia Travelfood, pubblicato per gentile concessione dell’autrice: Enza Bettelli.

Marchi di qualità per il pescato siciliano

In un momento in cui i consumatori sono sempre più attenti alla qualità dei prodotti e richiedono sempre più garanzie, in Sicilia il settore della pesca si prepara a soddisfare questo tipo di esigenze con una strategia che coinvolge produttori e istituzioni.

Le produzioni ittiche dei quattro angoli della Sicilia saranno infatti contrassegnate dai marchi di qualità “Golfo di Castellammare” (Trapani), “Portopalo di Capo Passero” (Siracusa), “Consorzio di ripopolamento ittico del Golfo di Catania” e “Golfo di Patti” (Messina).

La creazione dei marchi

– realizzati con il progetto “Poseidon” promozione, finanziati con fondi del POR Sicilia 2000-2006 – intendono favorire il rilancio dell’economia ittica regionale fornendo gratuitamente alle imprese uno strumento utile ad aumentare la loro competitività ed il loro potere contrattuale, rispondendo nel contempo alla crescente domanda di garanzia e trasparenza che proviene dai consumatori.

Il marchio consente, attraverso un codice di riferimento, di identificare la partita di pesce e di ricreare tutta la storia del prodotto dalla pesca alla lavorazione e commercializzazione, garantendo al consumatore la rintracciabilità del prodotto e quindi maggiore sicurezza alimentare.

In altre parole l’etichetta contiene in modo accessibile con terminologia semplice e unificata le informazioni previste dalla normativa sulla natura, provenienza e qualità del prodotto alimentare nonché la possibilità di accedere alla rintracciabilità mediante la decodifica di un opportuno sistema di identificazione.

La concessione dei marchi sarà regolato da un disciplinare di produzione, che verifica il rispetto delle buone norme di sicurezza e igiene a bordo ed a terra; il luogo di pesca; data di pesca; la denominazione della specie; il condizionamento.

La loro applicazione accresce in modo coerente – afferma Salvatore Bulgarella, esperto di marketinfg della 3t Blue line di Trapani, incaricata della creazione dei marchi – la riconoscibilità delle produzioni ittiche e del territorio migliorandone l’immagine, rafforzandone l’identità e svolgendo anche un’azione “rassicurante” presso i consumatori.

Le prossime tappe – secondo l’On. Lo Monte, assessore regionale alla pesca – sono quelle di realizzare dei centri di concentrazione del prodotto e di certificazione della qualità, l’istituzione di una rete di laboratori per l’analisi del pescato, il decentramento degli uffici regionali della pesca, e più in prospettiva, l’istituzione di una polizia ittica siciliana.

www.aquatilia.it