L’Onu dei custodi del buon cibo

Contadini, farmers e campesinos: a Torino i sapori del mondo

Roma – Ci saranno i produttori di sciroppo d’acero del Quebec, che usano tecniche documentate dal 1609, e i Groupements des femmes delle montagne del Benin, che lavorono i semi del bao bab per ricavare una farina che ha il 50 per cento delle proteine e il 15 per cento di olio. Gli allevatori di lama del Potosì, una delle regioni più povere e disastrate della Bolivia e i coltivatori di cachi della California. I produttori d’uvetta di Herat, una città afgana con 2.500 anni di commercio alle spalle dove si piantano le viti in trincee profonde due metri per difenderle dai micidiali sbalzi di temperatura, e i giapponesi che coltivano riso biologico usando le stesse varietà adoperate da 18 secoli. In tutto arriveranno a Torino, da domani al 23 ottobre, quasi 5 mila persone in rappresentanza di 131 Paesi. E’ Terra Madre, il primo appuntamento organizzato dallo Slow Food per dare voce alle comunità del cibo. Pescatori, nomadi, campesinos, farmers, paysannes provenienti dai più sperduti angoli della Terra convergeranno sul Piemonte per far nascere l’Onu dei popoli del cibo. “Quando hanno saputo di questa iniziativa, in tanti ci hanno chiesto se volevamo fondare un’internazionale contadina, dar vita a un manifesto politico”, racconta Carlo Petrini, il presidente dello Slow Food che ha inventato il raduno. “Ma questo è un punto di vista vecchio che continua a mettere l’Europa al centro del mondo. Invece abbiamo tutti molto da imparare, molto da ascoltare. Non abbiamo chiamato a raccolta i diseredati per diffondere il verbo del vero cibo. A Torino arriveranno i leader di 1.200 comunità locali: gente che non solo ha memoria di saperi antichi ma anche pratica di equilibri di potere moderni.
Vogliamo costruire una rete operativa in cui tutti sono protagonisti: paesi poveri e paesi ricchi. Tutti alla pari. A tutti è fornita la possibilità di scambiare informazioni teoriche e indirizzi commerciali: Terra Madre somiglia più a un Internet sensorialmente basato che a un’internazionale vecchio stampo”. Il punto di partenza di Terra Madre, che si svolgerà parallelamente al Salone del Gusto, è il disastro ambientale che continua a sottrarre alla nostra tavola un sapore dopo l’altro. Per salvare quello che resta sono stati organizzati 61 Laboratori della Terra, seminari in cui i protagonisti della scena alimentare metteranno in comune le loro esperienze e discuteranno accordi concreti. Si discuterà dei cereali minori (“Cibo dimenticato o cibo del futuro?”): miglio, sorgo, fonio, amaranto, quinoia, specie resistenti alle malattie e adatte ai terreni difficili ma anche fuori moda, in alcuni casi a un passo dell’oblio definitivo. Si parlerà dell’agricoltura d’alta quota (dalle patate andine alla castagna del Ticino) e della comunicazione rurale (dalle radio alle newsletters). Si ricostruiranno le vie delle spezie e il cammino dei profumi e dei popoli migranti. Si parlerà delle birre di tipo tradizionale e dei semi oleosi come l’argan, la senape, il papavero, il girasole. Un dibattito affascinante ma anche assai complesso. Per risolvere i problemi pratici si sono dovuti mobilitare la Farnesina, in modo da ottenere visti straordinari per 1.400 invitati che senza la “raccomandazione alimentare” rischiavano di essere presi per immigranti clandestini; un gruppo di sponsor significativo (dal Comune di Torino alla Coldiretti, dal ministero delle Politiche agricole alla Regione Piemonte), in modo da onorare 1,6 milioni di euro di biglietti aerei; uno stuolo di interpreti, in modo d’assicurare la tradizione simultanea nelle sette lingue ufficiali di Terra Madre.

Antonio Cianciullo

“La Repubblica” 19 Ottobre 2004

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