EVVIVA IL VINO IMPERFETTO

Pantelleria – 19 Settembre 2006

“Meglio un vino vero, diverso e originale, per certi versi “imperfetto”, ma proprio per questo imbevuto di pathos”: Giacomo Mojoli, nella presidenza internazionale di Slow Food, ribalta, a www.winenews.it, il paradigma per giudicare una buona bottiglia.
Giacomo Mojoli spiega che quello che fino a qualche tempo fa – la sola qualità intrinseca e organolettica di un vino – era considerato un valore assoluto, un punto di decodificazione sensoriale per ogni degustatore, nell’odierna evoluzione del gusto e nei futuri nuovi consumi non basterà più.
L’aspetto “estetico” del vino, la sola valutazione sensoriale, non sono più sufficienti a interpretare e gustare un vino. C’è qualcosa di più complesso da scoprire del concetto di piacevolezza dentro al bicchiere.
Bisogna guardare fuori, e cercare quel “qualcosa in più” in grado di riportarci alla genealogia del vino, alla sua provenienza, alla sua terra e al suo clima. Non il semplice terroir, ma anche la realtà complessa dell’economia locale, della cultura della ruralità, della gastronomia territoriale.
Il vino è però qualcosa di molto complicato la cui realizzazione richiede, oltre al terroir, la presenza di un buon interprete, ossia di un ottimo vignaiolo.
Cosa significa allora, sostiene Giacomo Mojoli, essere un bravo vignaiolo oggi? Significa innanzitutto ritornare con i piedi per terra, confrontarsi con il proprio terroir, rapportarsi a tre dimensioni fondamentali: economica, sociale ed ecologica.
Il vignaiolo ideale possiede molteplici competenze, non professa ricette valide per tutti ed è in grado di scegliere tecnologie diverse in rapporto al contesto in cui opera.

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