Il rosso Duca Enrico compie 25 anni

I 200 anni di storia del vino siciliano sono stati celebrati a Palazzo Visconti di Milano dove si è tenuta una degustazione verticale delle annate storiche. A sequire 3 chef hanno proposto alcuni piatti in accostamento ai vini siciliani, ottimi in abbinamento con la tradizione culinaria italiana

MILANO – Il 25° anniversario del Duca Enrico di Salaparuta, che rappresenta quasi 200anni di storia del vino siciliano, è stato celebrato a Palazzo Visconti di Milano dove si è tenuta una degustazione verticale delle annate storiche 2009 (due), 2008, 2006, 2003, 2000, 1997, 1987 e 1985, guidata da Alberto Zaccone, docente di analisi sensoriale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Dapprima si è parlato delle varie vendemmie, delle zone di produzione, dei climi, dell’altimetria dei vigneti, della gradazione alcolica e quant’altro sottolineando come, a differenza di quanto avviene oggi, dopo una lunga macerazione si procedeva con la maturazione di un anno in botti di rovere di Slavonia, seguita da altri 13 mesi in barrique di Allier e Tronçais a tostatura medio-leggera. L’idea del nobile vino nasce all’inizio degli anni ’80 quando la Duca di Salaparuta maturò il proposito di studiare un nuovo prodotto capace di affiancarsi alle più alte espressioni qualitative in campo enologico.

Si decise quindi di investire in ricerca e sperimentazione individuando le zone di coltivazione, i vitigni, la vinificazione e i metodi di affinamento che potessero condurre con successo la Duca di Salaparuta al traguardo prefissato. Risultò subito evidente che il merito della potenzialità di questo vino è l’uva da cui nasce, il Nero d’Avola, il principe dei vitigni siciliani, a bacca nera, di origine antichissima. Il marchio, oggi internazionale, è caratterizzato da un’immagine tradizionale e aristocratica.

La sua storia – ha sottolineato un rappresentante del Gruppo – è legata alla storia della famiglia dei duchi Alliata che nel 1824 iniziarono a vinificare le uve provenienti dalle loro tenute siciliane usando tecniche di produzione per quei tempi inusitate. Negli ultimi anni si è deciso di investire sempre di più in vigna, intraprendendo un percorso che ha portato all’acquisizione di tre feudi: SuorMarchesa, nelle colline di Riesi, Vajasindi, alle pendici dell’Etna, e Risignolo nei pressi di Salemi. Infine, la ricerca della qualità continua nelle cantine di Casteldaccia dove il tempo e i preziosi legni di rovere consentono ai vini di affinarsi e di maturare.

Tradizione e innovazione sono due concetti cardini anche in cucina. Tre giovani chef che rappresentano tutta l’Italia, dal nord al sud, hanno proposto alcuni piatti in accostamento ai vini che parlano di Sicilia, ma si abbinano a tutta la tradizione culinaria italiana.

Giuseppe Ricchebuono, ligure di Savona, chef del ristorante “Il Vescovado” di Noli, ha preparato la “Palamita in crosta di pane con maionese di bottarga e insalatina di campo” e “Sugarello brasato con crema di prescinseau e composta di zucca e zenzero” abbinati ai bianchi Kados 2008 del Feudo di Rosignolo e Bianca di Valguarnera 2006 di Salemi; Antonio Strammiello, già con Ducasse a Parigi e oggi chef del “Cafè Les Paillotes”, un ristorante gourmet d’impronta mediterranea di Pescara, si è proposto con un “Risotto Carnaroli mantecato allo stracotto di coda di bue” e ’”Agnello con sfornatino di cicoria e patate con fave fresche” abbinati ai vini dell’Etna Làvico 2006 e al Duca Enrico 2005 del golfo di Gela. Infine Alessandro Dheò di Pavia, titolare del ristorante “Palazzo Bellavista” di Stradella, ha proposto una “Terrina al cioccolato fondente con biscotto alle mandorle, sifonato al caffè e salsa alla vaniglia” accostato al Donna Franca di Petrosino, un vino liquoroso doc di Marsala. Marino Fioramonti

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