Formaggi: la tradizione parla siciliano

Pecorino, ricotta, caciocavallo e formaggi caprini tra i “pregiatissimi”
La produzione dell’isola è di straordinaria qualità con innumerevoli varietà
Pochi lo sanno ma i siciliani sono grandi consumatori dei loro formaggi.
La Sicilia in questi anni si sta affermando come una vera potenza nel mondo della produzione del vino di qualità, ma anno dopo anno di quest’isola meravigliosa si stanno scoprendo a livello mondiale altri straordinari tesori.
I formaggi siciliani, per esempio, si stanno affermando nel mondo, non solo per la grande qualità, ma anche per la straordinaria varietà e tradizione millenaria. Abbinati al vino costituiscono un’attrazione straordinaria per i buongustai.
I primi documenti storici che ci informano sul formaggio risalgono al 3000 a. C., al tempo dei Sumeri e degli Egiziani. Circa i formaggi siciliani troviamo informazioni grazie ai documenti del periodo greco classico. La tradizione casearia dell’Isola vanta quindi una storia e una qualità illustri.
Basti ricordare l’antica usanza che prevedeva di regalare prodotti caseari in occasione di particolari eventi e feste religiose. Facendo una rapida rassegna sui formaggi siciliani, non possiamo tralasciare la loro storia. Già Omero (600/700 a. C.) cita i formaggi dell’isola nei cesti della caverna di Polifemo, anche Plinio nella classificazione dei formaggi nazionali ed esteri, tra i migliori inserisce quelli di Agrigento.
Una storia, quindi, di tutto rispetto! Tra i formaggi siciliani più conosciuti abbiamo quelli fatti con latte vaccino a pasta filata: il Caciocavallo Palermitano, il Ragusano, la Provola dei Nebrodi e la Provola delle Madonie; e quelli a pasta dura prodotti con il latte di pecora: Maiorchino, Pecorino e Piacentino. Particolare la Vastedda della Valle del Belice a pasta filata e latte di pecora.
Il Pecorino Siciliano in particolare si dice sia il formaggio più antico e che prende il suo nome da pecus (dal latino: pecora). La forma è cilindrica, la crosta rugosa (dovuta ai segni lasciati dai canestri di giunco), il colore è giallo con diverse tonalità a seconda della stagionatura. La pasta è bianca e compatta. Al gusto friabile e granuloso, il sapore piccante. Straordinaria per aroma e sapore è la ricotta. La preparazione è quella tradizionale: il siero di latte della specie prescelta (vacca, pecora, capra) viene addizionato di sale e di latte della stessa specie, quindi riscaldato a circa 90°C fino a quando non avviene l’affioramento della ricotta. Una volta affiorata si elimina la schiuma in superficie e si raccoglie la ricotta nelle fascelle che verranno poste in un tavolo inclinato contenente dell’acqua fredda. La ricotta viene anche sottoposta a salatura: il sale aggiunto durante la lavorazione secondo la specie da cui proviene il siero e secondo la tecnologia di produzione. La ricotta è molto utilizzata in cucina, fresca (soprattutto in pasticceria per la preparazione di dolci come i cannoli e la cassata siciliana), o anche salata (impreziosisce così grattugiata la tipica pasta alla Norma con la melanzane).
Particolare e ormai quasi unica nel nostro paese è la produzione di formaggi di capra (in Europa, ormai quasi esclusivo appannaggio dell’industria casearia francese). Produzione tipica di tutta la regione siciliana, il Padduni (formaggio di capra siciliano) differisce dagli altri caprini per la forma a palla piuttosto che cilindrica e per il peso ridotto; anche per la salatura e la stagionatura. Durante la preparazione il latte coagula in una tina di legno. E’ possibile l’aggiunta di pepe nero in grani o fiocchi di peperoncino. La cagliata viene fatta spurgare con le mani in un recipiente di legno molto particolare, “cisca”, viene quindi scottata con scotta calda, formata e salata a secco sull’intera superficie della forma. Si consuma fresca.

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